NEUROCEZIONE E IDENTITÀ

La neurocezione è il termine per indicare la capacità del Sistema Nervoso Autonomo di individuare e comunicare la presenza di una minaccia prima ancora di essere coscientemente consapevoli della sua presenza e del suo significato (Porges).

Riuscire a familiarizzare con la propria neurocezione è l’obiettivo da raggiungere per poter arrivare a comprendere e a mentalizzare la modalità attraverso la quale il Sistema Nervoso Autonomo comunica con noi.

Parte fondamentale nel modello ATeA riguarda la capacità dell’individuo di valorizzare in termini cognitivi ciò che il corpo gli comunica: ogni variazione, ogni spostamento di stato fisiologico, ogni reazione corporea apparentemente avversa viene attivata esclusivamente in funzione della sua sopravvivenza.(processi botton-up)

Il cliente impara non soltanto a comprendere le motivazioni delle proprie reazioni fisiologiche, ma a sostenere gli sforzi che il proprio sistema mette in atto allo scopo di proteggerlo da ciò che ritiene essere fonte di minaccia e di pericolo. Le reazioni autonomiche potranno essere mentalizzate, rinegoziate e risimbolizzatte sotto una nuova luce: il corpo, la consapevolezza corporea degli stati disregolati, l’identità diventano un campo di maturazione personale e interpersonale.

L’obiettivo terapeutico è che il cliente riesca a sviluppare un senso di autocompassione (processi top-down) che gli permetta di osservare le proprie reazioni fisiologiche e i propri comportamenti come tentativi di sopravvivenza, piuttosto che come un disturbo mentale, o un fallimento, in modo da poter ritrovare la strada verso una sicurezza personale e interpersonale e una connessione autentica con sè.

COREGOLAZIONE: UN CONFLITTO PROFONDO

Veniamo al mondo “programmati per essere in connessione”. Seppur programmati per essere in connessione l’uno con l’altro, gli esseri umani sono programmati allo stesso tempo per sopravvivere. Quando entrare in connessione non è più percepito in maniera sufficientemente sicura, il Sistema Nervoso Autonomo ci allontana dagli scambi sociali, o li rende altamente conflittuali, in funzione della nostra risposta di sopravvivenza a fronte di un pericolo, ed è questo il meccanismo che si innesca a seguito di un trauma all’interno della relazione di attaccamento. Le memorie traumatiche impediscono di connettersi con gli altri, di sperimentare sentimenti di appartenenza e di sicurezza nelle relazioni sociali e pertanto, impediscono di favorire il nostro stato di attivazione vagale-ventrale creando nell’individuo un conflitto profondo.

Il Sistema Nervoso Autonomo è un sistema flessibile, modellabile, e le nostre esperienze precoci ne plasmano il funzionamento. Il trauma relazionale rende la coregolazione ‘pericolosa’ e interrompe il processo di sviluppo neuroaffettivo di un circuito di connessione con gli altri. Quando un trauma non ha la possibilità di poter essere contenuto, elaborato e trasformato nell’ingaggio sociale, il Sistema Nervoso Autonomo comunica, attraverso il linguaggio della neurocezione, che non è più sicuro entrare in relazione; così i percorsi di connessione vengono rimpiazzati da pattern di protezione, ovvero modalità difensive sensomotorie di attacco/fuga o di immobilizzazione.

La flessibilità caratteristica del funzionamento del Sistema Nervoso Autonomo, permette attraverso la coregolazione nella relazione terapeutica, di rimodellare i pattern di difesa cronica che si sono andati strutturando nel tempo.

La relazione sintonizzata terapista-cliente (regolazione autonomica reciproca) aiuta il cliente a stabilire una connessione con le parti di sè organizzate, coerenti e funzionali, a contattare e organizzare le parti di sè disorganizzate e disfunzionali senza fare degli elementi regrediti e disfunzionali il tema principale della terapia, in modo che i pattern di protezione e le difese un tempo indispensabili alla sopravvivenza non siano più necessari.

MINDFULNESS SOMATICA ED EMOZIONALE

L’attaccamento è il bisogno biologico di formare legami affettivi stretti, ed è la base della nostra vita psicologica.

Nel modello ATeA la struttura della personalità è il risultato di strategie di comportamento adattive, ossia, delle difese da esperienze emotive dolorose e perdita relazionale. Inizialmente tali strategie rappresentano un successo, si attivano quando l’ambiente dell’individuo non è favorevole in modo ottimale, e ciò interferisce con la sua capacità di trarre il massimo dalle proprie risorse emotive, portando distorsione dell’esperienza presente e la comparsa di sintomi. Portare consapevolezza a quella funzione del cervello che utilizza il passato per prevedere il futuro, riconoscere i comportamenti difensivi, che sono rimasti fissi nel Sistema Nervoso, per ridurre al minimo paura e dolore emozionale, può rendere possibile la guarigione del trauma relazionale e una trasformazione profonda dell’individuo che si sente meno vittima della propria infanzia. La sicurezza relazionale favorisce l’esplorazione, che in ATeA si traduce nella volontà di immergersi a livello esperienziale, cognitivo, emotivo e fisiologico nei fenomeni affettivi, fondamentali per un cambiamento terapeutico profondo.

Al centro della guarigione c’è la consapevolezza. Le persone che hanno vissuto dei traumi convivono con sensazioni intollerabili. L’aumento di simili sensazioni aumenta la possibilità di esserne sopraffatti . La consapevolezza del corpo ci mette a contatto con il mondo interiore. Il semplice notare ciò che accede dentro di noi, aiuta a cambiare prospettiva e apre nuove possibilità di risposta, che vanno oltre le reazioni automatiche protettive, e che sono più coerenti a chi siamo oggi nell’esperienza presente. Prestare attenzione alle nostre sensazioni corporee ci permette di contattare, riconoscere e integrare le emozioni, di ridurne la paura , lasciando il posto a un senso di vitalità e completezza.

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